sabato 20 aprile 2013

PER UN LINGUAGGIO AUTONOMO


RISVOLTI DEL SESSANTOTTO

Ci troviamo all'indomani del sessantotto, uno degli slogan più ricchi di sfumature di significato è la frase “Tais toi, objet” scritta sui muri della Sorbona. Il mondo dell'architettura, e quello delle arti più in generale, negli anni seguenti si caratterizzerà, da una parte, della volontà di liberarsi dalla schiavitù della macchina e della conseguente ripetitività seriale e alienante; dall'altra, la formulazione sintetica della frase, si fa rivelatrice di una passione per il linguaggio in sé, per la sua autonoma forza.

Episodio importante, nella comprensione dello slittamento dell'oggetto della ricerca architettonica e artistica, è senza dubbio l'organizzazione della Triennale d'architettura, da parte di Giancarlo De Carlo, a Milano nel settembre 1968. In questa occasione il centro del dibattito architettonica sarebbe dovuto essere l'impegno sociale dell'architetto e la valorizzazione della partecipazione, uso il condizionale perchè di fatto questa fu una mostra “non vista” poiche il giorno dopo l'apertura venne occupata dal Movimento degli studenti in quanto mostra “borghese e riformista”. La Triennale milanese riapre solo cinque anni dopo con una mostra curata da Aldo Rossi, intitolata “L'architettura razionale”; l'impostazione culturale della mostra non è più basata sulla ricerca culturale basata sulle istanze sociali, ma centro del problema ora è la rivendicazione di un'autonomia formale dell'architettura.

In America emerge un gruppo di architetti il cui cavallo di battaglia è l'estremizzazione del momento sintattico e formale, visto però in una chiave completamente astratta.


I NY FIVE

A un convegno al MOMA nel 1969, Kenneth Frampton presenta al pubblico cinque giovani architetti: sono Peter Eisenman, Michael Graves, John Hejduk, Richard Meier, Charles Gwathmey. Peter Eisenman risulta da subito essere la personalità più spiccatamente propensa per la ricerca teorica; fin dalla tesi del dottorato appare evidenziato il suo interesse per i processi linguistici e sintattici che stanno alla base della formalizzazione dell'opera. Un secondo influsso fortemente presente in lui è quello dell'arte concettuale, del promuovere l'eliminazione del superfluo dalle forme per arrivare alla scoperta dell'essenziale.
Ma senza dubbio l'influsso maggiore deriva dalla posizione del filosofo e psicologo Michel Foucault; entrambi sostenevano che nessuna rivoluzione era mai avvenuta nell'architettura moderna poiché rimane l'abitudine rinascimentale di porre l'uomo al centro. Per Eisenman è necessaria una rottura, l'oggetto-architettura deve esistere indipendentemente dal complesso di significati ideologici, funzionali, sociali, costruttivi per i quali non deve fungere più da veicolo.




LE HOUSES DI PETER

Eisenman si rende presto conto che la conoscenza è diventata la merce più richiesta dal mondo occidentale; così al centro delle sue pubblicazioni ed esposizioni pone sempre i numerosi disegni assonometrici che illustrano e rendono comunicabili i passaggi evolutivi dell'opera. Nasce così la Cardboard architecture, l'architettura di carta.


A partire dal 1967 Eisenman progetta una serie di case ordinate secondo un numero progressivo. Sono case definite di carta, non tanto per il loro aspetto leggero, quanto per puntualizzare la loro valenza concettuale. Per utilizzare un linguaggio che non fosse trito e ritrito Eisenman sceglie di muoversi alla scoperta del Razionalismo di Terragni, Lingeri e Cattaneo; in particolare si ritrova ad essere attratto dalle tecniche compositive di Terragni nella Casa del Fascio, per il processo di estrazione di materia e di stratificazione verso l'interno, e nella Casa Giuliani-Frigerio, nella quale la stratificazione avviene nel verso opposto, verso l'esterno.
Casa del Fascio, Terragni
Casa Giuliani-Frigerio, Terragni











Nella House II risalta il conflitto tra estrazione di materia ed esplosione; Eisenman riprende dalla Casa del Fascio l'idea di un quadrato in pianta, ma il semicubo generato non è più compatto poiché viene ulteriormente modulato tridimensionalmente. Prende il via qui anche la scelta sintattica dello slittamento e sovrapposizione del moduli quadrati per lasciare posto alla circolazione verticale e orizzontale.
La soluzione al conflitto evidenziato in Terragni viene da Eisenman definita con la parola implosione. Avviene un'esplosione delle pareti, dei piani, diventati astratti, dei volumi che non invade l'esterno; qui l'architettura viene mostrata come processo e non solo come risultato.















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